venerdì 19 ottobre 2012

Joel Salatin e la sua fattoria ecosostenibile

In questo articolo cercherò di spiegare come la fattoria di Joel Salatin possa produrre abbondanti quantità di alimenti biologici di origine animale senza degradare l'ambiente, anzi rendendolo sempre più ricco, senza l'uso di pesticidi e garantendo una vita sana agli animali, senza uso di antibiotici e ormoni, cosa che al giorno d'oggi sembrerebbe solo una favola per la maggioranza. Come sorgente di informazione ho utilizzato principalmente il libro di Michael Pollan "The Omnivore's Dilemma" (disponibile anche in italiano) nel quale il giornalista e professore universitario segue Joel nella sua fattoria per capirne il meccanismo. Ho anche fatto riferimento a documentari girati sul posto (in genere amatoriali), e convegni di tipo ambientalista e nutrizionale dove viene presentata quella che ormai è diventata la fattoria più famosa al mondo per la sua ecosostenibilità.

L'agricoltore d'erba e i pascoli a rotazione
La fattoria di Joel Salatin chiamata Polyface, situata nella valle di Shenandoah in Virginia, USA, è stata ricavata da un rudere situato ininizialmente in un' area povera e degradata che è stata trasformata dai suoi genitori negli anni 60' in un' area rigogliosa e fertile grazie ai metodi che hanno adottato. Essa produce polli, tacchini, uova, carne bovina, maiali, conigli, pomodori, mais e frutti di bosco su un totale di circa 2,2 km² dove 0,4 km² composto da pascoli e il rimanente da foresta.
L'aspetto curioso però è che quando si chiede a Joel cosa fa di lavoro, lui risponde che quello che "alleva" è erba. Gli animali vanno e vengono, ma l'erba, che direttamente o indirettamente nutre gli animali continuamente, garantisce il vero benessere della fattoria. Potrà sembrare strano ciò in quanto solitamente l'erba non si coltiva, ma nasce spontaneamente e inoltre noi umani non la possiamo neanche digerire, cosa che invece possono però fare i ruminanti dotati di un apparato digerente più complesso. Quindi l'erba come elemento chiave grazie al quale gli animali si nutrono e Joel ne è il coordinatore. Il termine "grass farmer", ossia agricoltore d'erba, è relativamente nuovo ed è nato in Nuova Zelanda da Allan Nation, l'editore della rivista Stockman Grass Farmer dedicata ai produttori che praticano "management intensive grazing", letteralmente "organizzazione pastorizia intensa" chiamata anche pastorizia a rotazione. Questi allevatori/agricoltori d'erba, che hanno a che fare con la produzione di uova, carne, latte e lana, vedono gli animali come una parte di una catena alimentare nel quale l'erba è la specie chiave, l'intermediario tra l'energia solare, che sostiene ogni catena alimentare, e gli animali che mangiamo. Allan Nation sostiene che "l'agricoltura sia infondo la capacità di catturare energia solare in un alimento che a sua volta può diventare energia umana di ottima qualità" e tale operazione può essere eseguita in due modi: la prima consiste nell' "andare nel tuo giardino, strappare una carota e mangiarla. Questo è un trasferimento diretto tra energia solare ed energia umana. Il secondo metodo più efficiente è quello di mandare un animale fuori a raccogliere questa energia solare e poi mangiare l'animale" [...] "Tutti gli altri metodi richiedono più fonti di denaro e petrolio...". Joel infatti sostiene che la maggior parte del lavoro lo fanno gli animali. A Giugno, prima che l'erba venga tagliata per poi essere conservata come alimento durante i mesi freddi dell'inverno, viene consumata dai bovini un paio di volte e dopo intervengono le galline che servono a pulire il terreno  mangiando le larve dalle feci del bestiame, sparpagliando i loro escrementi che faranno da concime. Nel frattempo queste galline depositano molte uova genuine in quanto si sono nutrite del loro cibo che mangerebbero in natura piuttosto che soltanto mangimi a base di soia e mais. Dopo qualche settimana di riposo l'erba è pronta per essere consumata di nuovo e il ciclo continua.
Se vogliamo qualche numero a livello di produttività quello che emerge è che l'erba di Salatin a fine stagione sarà trasformata in oltre 11 tonnellate di carne bovina, 22 tonnellate di maiale, 12 000 polli, 800 tacchini, 500 conigli e 360 000 uova per 0,4 km² di pascoli. Vediamo ora brevemente alcune caratteristiche e metodi praticati nella Polyface. Per chi invece volesse andare più nello specifico ci sono diversi libri scritti da Joel Salatin a riguardo.

Le vacche
Come spiega Joel Salatin, ciò che serve per praticare questa pastorizia a rotazione sono delle recinzioni elettriche portatili con il quale spostare gli animali ogni giorno su erba fresca e una buona conoscienza di come questa si nutre e si sviluppa. L'erba cresce come una curva ad S, ossia i primi giorni lentamente, poi subisce una crescita veloce nel quale gli animali cominciano a mangiarla ed essa si rigenera riconstruendo nuove radici. Poi intorno al quattordicesimo giorno la crescita si rallenta in quanto l'erba si prepara per fare i fiori e i semi, comincia così a lignificare e a diventare meno appetitosa per i bovini. Questo è il momento preciso nel quale bisogna lasciar le piante riprendersi di modo che non si indeboliscano e possano continuare a svilupparsi; ne prima ne dopo. In questo modo viene simulato il naturale pascolo degli animali i quali allo stato brado si continuano a spostare per cercare erba nuova. La maggior parte degli allevatori purtroppo invece pratica il pascolo continuo dove gli animali continuano a mangiare la stessa erba fino a che questa non muore, portando ad un degrado dei pascoli.

Joel Salatin davanti ad un recinto di vacche che pascolano

Nella fattoria di Joel Salatin ci sono diverse dozzine di recinti che variano in grandezza dai 4 000 ai 20 000 l'uno, a seconda del clima e delle stagioni. Il tempo richiesto a riprendersi per ogni pascolo varia continuamente a seconda della temperatura, delle piogge, dell'esposizione al sole, e della stagione, così come varia la quantità di erba necessaria a nutrire gli animali, a seconda della loro grandezza, età, e periodo. Ad esempio, una mucca che allatta mangia il doppio di una mucca senza latte.
Joel sposta le sue vacche tutti i giorni di modo che abbiano sempre erba fresca da mangiare. "Quello che cerchiamo di fare qui è simulare in versione domestica quello che le mandrie di erbivori fanno in tutto il mondo. Che siano gnu nel Serengeti, renne in Alaska, o bisonti nelle pianure americane, questi animali dotati di più stomaci si spostano sempre su nuovi terreni seguendo i cicli dell'erba. I predatori costringevano i bufali a spostarsi frequentemente e a stare l'uno vicino all'altro per maggior sicurezza". In questo modo inoltre gli animali fertilizzano e sparpagliano semi con i loro escrementi mentre nelle impronte che lasciano sulla terra creano delle mini pozze dove l'acqua si raccoglie facilitando la germogliazione. Le varie erbe in origine si sono evolute proprio grazie a questo meccanismo di collaborazione con gli animali. Questo movimento poi permette agli animali di mantenersi sani in quanto il pascolare in una nuova zona diminuisce il contatto con i loro stessi escrementi i quali potrebbero incubare parassiti. Prima dell'invenzione di questi recinti elettrici molto pratici, che consentono di spostare gli animali senza troppa fatica, venivano usati cani.
Questo metodo di allevamento consente lo sviluppo del soprassuolo fertile in quanto ogni volta che una pianta viene morsicata abbandona parte delle sue radici che, grazie all'azione di funghi, batteri e vermi, diventaranno nuovo humus. E' anche per questo che tale metodo a rotazione è davvero importante per l'ambiente, al contrario del pensiero comune che sostiene che il far pascolare gli animali all'aperto (ovviamente senza conoscere le giuste tecniche) porti ad un degrado venendo l'erba consumata fino alla radice. Lo spostamento delle mandrie permette quindi anche un aumento della biodiversità in quanto gli animali non finiscono mai una determinata specie che si trova nella zona dove stanno pascolando e questo porta grandi benefici alla fattoria e ai pascoli stessi in quanto permette alla terra di raccogliere il massimo dell'energia solare. In questo modo disponendo di più specie d'erba presenti in diverse condizioni climatiche e stagionali, gli animali potranno godere per più tempo e più abbondantemente dei freschi pascoli durante l'anno.

Le galline
Se le galline fossero lasciate libere a razzolare all'aperto nella stessa zona, rovinerebbero l'erba becchettandola fino alla radice e avvelenando il terreno con i loro escrementi ricchi di nitrogeno. Ecco perchè anche le galline vanno spostate quotidianamente in diverse zone aumentado la loro salute e quella dell'erba. Nella Polyface la loro dieta viene integrata con dei mangimi costituiti principalmente da mais locale, ma quello che più le nutre sono l'erba e gli animali che vivono nel terreno come insetti e larve. Quindi abbiamo un risparmio sui mangimi essendo solo una parte della loro dieta, e sui fertilizzanti in quanto i loro escrementi apportano la giusta quantità di nitrogeno di cui la terra ha bisogno. Le galline vengono spostate grazie a delle eggmobile, che sono una specie di incrocio tra una barca a vela e un pollaio. In queste eggmobile le galline possono deporre le loro uova e nello stesso tempo vengono spostate quotidianamente in nuove zone ricche di erba fresca.

Galline che razzolano vicino alla eggmobile

Joel spiega che in natura gli uccelli seguono sempre le mandrie di erbivori. Gli uccelli si nutrono degli insetti che danno fastidio agli erbivori e anche delle larve e parassiti che si sviluppano dalle loro feci "disinfettando" l'area. E' per questo che Joel vede le sue galline come un team delle pulizie, infatti con le eggmobile segue gli spostamenti delle sue vacche. Le galline vengono portate nella zona dove le vacche hanno pascolato, ma soltanto dopo aver aspettato tre giorni, in quanto a queste non piacciono molto gli escrementi freschi, ma nello stesso tempo non bisogna aspettare oltre perchè le larve nelle feci durano solo 4 giorni. Quindi al terzo giorno le galline saranno contentissime di trovare molte larve gia belle cresciute, ma senza che queste si siano già trasformate in mosche. La dieta delle galline sarà quindi ricca di proteine il che consentirà di ottenere delle uova nutrizionalmente superiori e più gustose, a prezzo zero!

I maiali
Per parlare di come alla Polyface vengono allevati i maiali occorre partire dalle vacche prima, le quali nei tre mesi più freddi d'inverno vivono principalmente in una stalla, mangiando foraggi e producendo molto letame. Joel preferisce non sbarazzarsi degli escrementi e lasciarli nella stalla mettendo uno strato di segatura o paglia sopra man mano che il letame cresce. A fine inverno questo strato arriva delle volte fino a quasi un metro dal suolo. Un' altra cosa che Joel aggiunge poi sono dei chicchi di mais ad ogni strato. Durante l'inverno tale composto diventa concime e nel frattempo genera calore il che diminuisce i costi per i bisogni degli animali e permette la fermentazione dei chicchi di mais che diventano alcolici e di cui i maiali vanno pazzi. Quando in primavera le vacche vengono lasciate libere a pascolare i maiali entrano e cominciano coi loro nasi a cercare il mais areando il composto. La decomposizione anaerobica diventa quindi aerobica che provoca un riscaldamento ed una velocizzazione del processo uccidendo ogni agente patogeno. Il risultato è una grande quantità di concime, sempre a prezzo zero! Il resto dell'anno i maiali vengono lasciati in una zona limitrofe tra la foresta e i pascoli dove il loro istinto di sradicare certe piante permetterà la crescita di altre specie il che a sua volta consentirà lo sviluppo di una savana.

Paragonando la fattoria Polyface agli allevamenti intensivi
Le conseguenze negative che gli allevamenti intensivi provacano riguardano principalmente il degrado ambientale, la nostra salute, l'economia e i diritti umani e animali. Vediamo ora qualche differenza tra la fattoria di Joel Salatin e quella di un tipico allevamento intensivo di animali la cui carne andrà a riempire gli scaffali dei supermercati.

Innanzi tutto nella Polyface come abbiamo visto tutto gira attorno all'erba che cattura l'energia solare la quale andrà a nutrire gli animali e così via. In un allevamento intensivo invece tutto gira attorno al petrolio, usato nella coltivazione delle monocolture di mais e soia, nel trasporto dei mangimi, e successivamente delle carni che percorreranno migliaia di chilometri. Nella Polyface le mucche si procurano il cibo da sole piuttosto che aspettare un camion che porta mangimi.

Abbiamo così già un'altra dicotomia, ossia quella tra monocoltura e biodiversità. Nel primo caso le monocolture di mais e soia vengono stese su vastissime aree geografiche che vengono totalmente rase al suolo devastando gli ecosistemi presenti compreso quindi gli animali e i loro habitat (cosa che certi vegani etici dovrebbero ricordare quando addentano il loro tofu o bevono latte di soia) mentre nella Polyface abbiamo invece degli animali che come abbiamo visto migliorano la qualità del suolo favorendo la biodiversità.

Negli allevamenti intensivi gli animali vivono in maniera disumana in spazi ristretti dove molto spesso non possono nemmeno compiere movimenti completi e si nutrono solamente di mangimi programmati per farli crescere ed ingrassare il più in fretta possibile. Questo forza gli allevatori ad usare anche supplementi e antibiotici - in Europa fortunatamente l'uso di ormoni è proibito.

Il mercato a cui punta Joel Salatin, contrariamente a quello delle grandi aziende, è di tipo locale, infatti a chiunque chieda una spedizione della sua carne, come ha fatto del resto anche Micheal Pollan, verrà detto di venirsela a prendere. Se ci pensate questa è una grandissima cosa, perchè in un azienda comune l'obbiettivo principale è quello di fare sempre più soldi. Accettando richieste da posti lontani Joel sarebbe costretto ad intensificare gli allevamenti dei suoi animali rompendo quell'equilibrio e quel rispetto all'ambiente di cui la fattoria è simbolo. Rispondendo invece di venirsela a prendere, il cliente sarà decisamente invogliato a cercare qualche allevatore nei suoi dintorni il che permetterà di sviluppare le economie locali aiutando a preservare la qualità dei cibi senza degradare l'ambiente. L'obiettivo della fattoria di Salatin infatti non è quello di crescere e fare sempre più soldi, ma quello di prendersi cura della terra.

Nella fattoria Polyface ogni cosa è collegata l'una all'altra formando un cerchio che permette di non avere scarti, o meglio, gli scarti ci sono, ma questi vengono riutilizzati o smaltiti da altri animali e di conseguenza fatti rientrare nel ciclo come del resto la natura ha sempre fatto, senza aver bisogno di impianti igenici. Joel fa riferimento al termine olone, che in filosofia indica un' entità vista come organo indipendente con le proprie funzioni, ma che allo stesso tempo è parte di un organismo più grande. Quindi abbiamo le galline che nutrono l'erba, che nutre le vacche, che nutrono i maiali, che nutrono l'erba, e così via, non c'è un inizio e una fine, ma un ciclo continuo, ogni cosa è parte di un tutto. Joel non riuscirebbe mai ad allevare una specie di animale soltanto perchè ognuna è in stretto rapporto con l'altra. Negli allevamenti intensivi invece ogni cosa sussegue la precendente in maniera lineare. Viene coltivato il mais, poi lavorato per ottenere il mangime che verrà portato negli allevamenti, l'animale mangia fino a scoppiare per poi essere ucciso e venduto, fine. Si utilizzano fonti non rinnovabili come il petrolio, gli scarti vanno eliminati e l'importatne è fare sempre più soldi.

Joel Salatin sfrutta le innate peculiarità di ogni animale basate sui desideri istintivi di ciascuno in modo da consentire loro il massimo benessere e trarne benefici per la fattoria e l'ambiente. Joel infatti non dipende da multinazionali perchè non ha bisogno di comprare alcun fertilizzante, ne antibiotico. Le grandi aziende invece vedono gli animali come delle macchine per proteine con dei difetti fastidiosissimi: sporcano e si ammalano se vengono ammassati l'uno vicino all altro dandogli da mangiare delle commodity (mais e soia), scarti alimentari come merendine scadute e ultimamente anche orsetti di gomma.

Ci saerbberò poi tantissime considerazioni da fare riguardo alle differenze nutrizionali nelle quali i due metodi sono coinvolti, ma questo merita un articolo apposta che scriverò presto.

Come è possibile quindi che un così efficace e sostenibile metodo di allevamento non venga più praticato?
La risposta non è semplice e diretta, ma frutto di un cambiamento che è stato adottato piano piano dalle aziende per ottenere più carne in poco tempo. In passato, negli allevamenti tradizionali, certe piante come il mais o certi cereali venivano usate come mangime, ma solo in maniera moderata soprattutto nei periodi freddi quando l'erba scarseggiava o nella fase finale prima della macellazione per far ingrassare gli animali ed ottenere tagli più grassi e appetitosi. Questi cereali inoltre potendo essere conservati a lungo cominciarono a rendere l'allevamento indipendente dai ritmi stagionali dell'erba, semplificando il lavoro degli allevatori. Essi quindi diventarono sempre più coltivati, una commodity importante dell'economia che permise più carni in poco tempo. La produzione di mais crebbe così a tal punto che il suo costo diminuì e lo Stato per sbarazzarsene rilasciò dei sussidi agli allevatori per costruire questo nuovo tipo di allevamenti intensivi, chiamati in America CAFO (Concentrated Animal Feed Operation). Vennero poi di conseguenza selezionate le razze che più si adattarono a questo tipo di dieta a base di mais e che erano in grado di crescere più in fretta essendo più bisognosi di calorie rispetto a quelli abituati all'erba.
E' in questo modo che al giorno d'oggi possiamo trovare prezzi così bassi in un humburger di un McDonald's o in certe carni nei supermercati. Questi però non tengono conto del vero costo di questa carne, ossia del terreno degradato (in quanto le monocolture come quelle del mais prevedono la distruzione di ecosistemi per permettere la coltivazione innaturale di una sola pianta), dell'uso del petrolio (per trasportare il mais migliaia di kilometri lontano per raggiungere gli allevamenti e per portare ai consumatori le carni che smettono di essere prodotti locali), della salute pubblica e dei nostri soldi spesi in tasse che il governo usa per sovvenzionare questo tipo di economia degradante. Per non parlare poi del benessere dei dipendenti che lavorano in questi centri di allevamento e macellazione e ovviamente degli animali stessi costretti a vivere in maniera disumana.
Inoltre il mais, come ho gia spiegato nell'articolo "Ecco quello che siamo: Mais che cammina" viene usato, tramite processi chimici, per una varietà di prodotti, molti dei quali alimentari, di cui la maggior parte delle persone non ne sospetterebbe mai la presenza. Ecco perchè il mais sostituisce l'erba essendo una commodity facilmente conservabile che consente prevedibili guadagni senza dover dipendere da ritmi stagionali più imprevedibili ed economicamente rischiosi.

E' davvero un peccato che molte pratiche si siano dimenticate nel tempo per colpa di una trasformazione avvenuta quasi in un attimo che ha cambiato totalmente il modo con cui l'uomo prende (che sta diventando un perdere) contatto con il cibo e la fattoria Polyface è uno spiraglio di luce che fortunatamente sta diventando sempre più conosciuta. Joel Salatin definisce i suoi metodi post-industriali in quanto non nascono solo dalla sapienza dei nostri antenati e dalle leggi della natura, ma anche dagli errori più moderni portati dalle tecnologie, le quali anche loro però, se usate in maniera moderata e saggia possono essere usate senza contribuire ad un degrado ambientale. Chissà se un giorno ci prenderemo in giro per essere giunti a tale situazione dove abbiamo perso conoscenza dei ritmi della natura e chiusi in noi stessi senza considerare che in realtà siamo anche parte di un tutto.  


Sorgenti

- The Omnivore's Dilemma: a natural history of four meals, Micheal Pollan;
- The Vegetarian Myth: food, justice and sustainability, Lierre Keith


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